Secondo la tradizione, l’abate Giovanni, un monaco del vicino monastero benedettino di San Silvestro, costruì nel rione Cancello una chiesa fuori le mura per sopperire alla mancanza di un luogo di culto necessario alla popolazione, qui stanziata dopo la distruzione federiciana del 1229, e la intitolò al santo di cui portava il nome.
La chiesa è menzionata in un documento del 1347, con cui l’abate Domenico corrisponde alla Sede Apostolica la metà delle decime, in un testamento del 1363, con cui Cecco Omnibene lasciava un legato a San Giovanni de Cancellis, ed ancora in altre disposizioni testamentarie e controversie legali risalenti al XV e al XVI secolo. Nel corso del ‘500, nonostante le donazioni ricevute, non doveva versare in ottime condizioni se nel 1592 il vescovo M. Antonio Salomone ordinò di sistemare gli altari sul livello superiore, meno umido del pianoterra, e raccomandò la pulizia dei paramenti.
La visita pastorale del 1703 del vescovo Gagliano descrive esaurientemente un edificio su due piani in cui permanevano i problemi di infiltrazioni di umidità proveniente dal colle, cui si cercò di ovviare acquistando - grazie alla munificenza del duca di Sora - un terreno dietro al presbiterio; la visita descrive le cappelle dedicate alla Madonna della Neve e a sant’Antonio abate e i dipinti; annota la costituzione del monte frumentario per sopperire alle necessità degli indigenti e della Confraternita di San Rocco, registra la presenza di 544 anime nella parrocchia, l’istituzione di una scuola e persino di un cimitero dietro la sacrestia, ma anche la mancanza di un campanile.
Si deve alla fervida devozione, allo zelo e all’impegno finanziario del nuovo parroco, Francesco Galante, la trasformazione della chiesa nel 1731, come ricorda l’epigrafe latina incassata sopra l’ingresso alla sacrestia; in una visita pastorale del 1736, è descritto un edificio ad un solo piano, lungo palmi 56, largo palmi 30 (all’incirca 15 e 8 m), dipinto e decorato da due tele poste ai lati dell’altare raffiguranti scene della vita del santo titolare e simboli liturgici dipinti negli oculi ricavati nell’intradosso dell’altare (fig. 1); l’accesso è consentito da due scalinate.
Nel 1837 la chiesa ha ormai assunto l’aspetto odierno: “ha ella – come si afferma nella relazione per la visita pastorale di quell’anno - forma piuttosto di grande salone, con muraglie semplicissime, e senza rilievo alcuno, all’infuora dell’Altare maggiore rilevato alquanto, dove rattrovasi il Sac(ro) Tabernacolo: ai lati hà ella due Cappelle, con due Altari: una sotto il titolo di Santo Ant(onio) Abbate, cappella gentilizia dei sig.i Branca, l’altra della Madonna della Neve…”.
Degli arredi settecenteschi, rimane il fonte battesimale marmoreo, decorato dal rilievo di due puttini alati (fig. 2), e l’anta lignea, oggi conservata in sacrestia, dipinta da un’imago S(ancti) Ioannis Baptistae, che il vescovo Piccardi fece realizzare nel 1662 (fig. 3).
Il 24 luglio 1901 il regista ed attore Vittorio De Sica, nato il 7 luglio nella casa prospiciente la chiesa (fig. 4) fu battezzato qui, come si legge nel registro parrocchiale dei battesimi (figg. 5-6).
(A cura della Prof.ssa Alessandra Tanzilli)