La chiesa cattedrale di Sora è parte di un complesso architettonico vasto e imponente e riflette nelle sue fasi costruttive la storia della città (figg. 1-2); l’edificio, infatti, riutilizza un tempio tuscanico costruito tra la fine del II sec. e il I sec. a. C. accanto all’imbocco della strada per l’Abruzzo e al foro commerciale, ancora destinato a fiera mercato nel giovedì, e all’incrocio delle due vie principali della città romana; scoperto grazie agli scavi degli anni ’70, anche se la tradizione e sporadici rinvenimenti ne attestavano già in passato l’esistenza, se ne conservano ancora oggi interamente le fondamenta di circa 11 m, le pareti in blocchi di opera quadrata di travertino locale per un’altezza di 9 m, la pavimentazione, il podio a doppio cuscino e anche molti reperti: sei donari a forma di altare di cui due con epigrafe dedicatoria a Marte e a Flora (figg. 5-6) – oggi in deposito presso il museo civico-, numerose terrecotte architettoniche, anche figurate, e un monumentale salvadanaio dedicato a Minerva da Sextius Curfidius e Marcus Caesius, quattuorviri di Sora tra il 90 e il 42 a. C. (fig. 7)
Risale alla fine del sec. XI sec. il portale marmoreo a racemi, confrontabile con l’antico portale di Montecassino ed eretto in un clima di rinnovamento religioso e di ritorno all’antico, impreziosito da un’iscrizione che ricorda il nome dello scultore, il restauro, la dedicazione alla Vergine e la riconsacrazione della chiesa dopo la profanazione causata dall'uccisione di una giovane, molto probabilmente santa Restituta, martire del III sec. d. C. e patrona della città (fig. 8).
Dopo una parziale distruzione nel 1103, la nuova chiesa fu riconsacrata da papa Pasquale II il 22 agosto 1104 e dedicata alla Vergine assunta in cielo; il culto fu riconfermato da papa Adriano IV nel 1155. Nel 1229 Federico II ordinò di distruggere la chiesa che, grazie al suo lascito testamentario, fu in seguito restaurata; risale al 1321 la campana di bronzo collocata nel campanile della chiesa cattedrale, nel lato rivolto verso Piazza Indipendenza; sulla campana è scolpita un’iscrizione in onciale gotica che riporta il consueto motto agatino, la data di fusione e il nome del committente, il vescovo Andrea da Ferentino, il presule che guidò i pellegrini sorani che parteciparono al primo Giubileo della Chiesa indetto a Roma nel 1300 e che commissionò un censimento storico e patrimoniale di tutte le chiese della diocesi.
La chiesa cattedrale risente delle fasi di maggior splendore della città con le opere d’arte conservate al suo interno: sono databili al XV sec. il trittico del Cristo Salvatore e un affresco di Madonna in gloria (fig. 11). Ma la rinascita dell’edificio si deve all’azione infaticabile e al fervore religioso del vescovo Girolamo Giovannelli, che fece costruire nel 1609 la sacrestia e gli armadi per conservare paramenti e preziosi reliquiari (figg. 12-14), restaura l’edificio, dota la chiesa di un organo e di nuovi altari, fra cui quello con le reliquie del martire san Giuliano, compatrono di Sora, conservate in un prezioso scrigno donato nel 1612 dalla duchessa Costanza Sforza Boncompagni (fig. 15), commissiona un crocefisso simile all’esemplare della chiesa sorana di San Bartolomeo e numerosi dipinti (fig. 17).
Nel ‘700 è aperto il portale laterale, alla chiesa si aggiungono il Coro d'Inverno, il Battistero e la cappella del Purgatorio e sono fuse nuove campane. La chiesa perderà l’aspetto tardo barocco in seguito all’incendio del 1916 e alla radicale ristrutturazione in rigoroso stile neogotico; a questi lavori si aggiungeranno, nel 1961, gli interventi di pavimentazione durante i quali sarà individuato il lastricato del III sec. a. C. Il restauro alla fine degli anni ’70 ha posto in vista le murature romane (visibili all’interno, sotto il Seminario e la scalinata d’ingresso, nel lato meridionale e lungo via Ravo) e quelle medievali.
Tutta l’area è costellata di reperti della fase romana e medievale del tempio o di altre zone vicine: sono visibili alcuni rocchi di colonne, un fregio dorico con rilievi floreali riutilizzato nella costruzione del campanile e due frammenti di un capitello corinzio figurato. Il “tesoro” della Cattedrale, della sacrestia e della sala capitolare è stato arricchito nel corso dei secoli da croci, cartagloria, messali, pastorali, reliquiari di argentieri napoletani e romani, dal trittico di Christian Mayer Ross (1898) (fig. 18) e da arredi, paramenti e presepi del ‘700 napoletano che testimoniano la devozione alla chiesa e un’antica tradizione artigianale.
(a cura della Prof. ssa Alessandra Tanzilli)